Dal 10 al 14 maggio 2024, in Polonia, la Delegazione europea ha svolto la formazione permanente per sorelle di diverse comunità presenti in diverse città europee: Lisbona e Porto (Portogallo); Albania; Cracovia e Goslawice (Polonia); Vimercate, Roma e Potenza (Italia). Sono suore che dedicano la loro vita come missionarie, al servizio di Dio e degli altri, nelle comunità in cui si trovano.

È stata un’esperienza molto arricchente e piena di gioia, perché, dopo un anno, abbiamo potuto incontrarci di nuovo per riflettere e condividere la nostra esperienza di vita nella missione dell’altro.

Il tema riflesso in quei giorni è stato “Obbedienza e sinodalità” e ha avuto come sottotema “Come ridefinire il nostro stile di vita oggi”, presentato dal nostro caro Rev. Padre Amadeu Cencini, FDCC.

All’inizio di questa presentazione, padre Cencini ha presentato alcuni aspetti di un’antica crisi riguardo all’autorità e all’obbedienza:

– Crisi antropologica/culturale della figura paterna con la sua assenza o insignificanza;

– L’incoerenza/incoerenza di alcune figure autoritarie nella Vita Consacrata (fino agli attuali abusi di autorità, cioè di potere);

– Riemergere il bisogno infantile di un leader forte/assertivo/fiducioso, che pensi/decida per tutti;

– Spiritualità che presta poca attenzione ad alcuni valori umani: capacità di scelta/discernimento, libertà, responsabilità, adulto, debolezza, personalizzazione delle esperienze e delle credenze…

– Teologia superficiale e volontà di Dio improbabile e concezione povera dell’Obbedienza, asimmetrica, “canonica”, solo esecutiva, un po’ infantile.

– D’altro canto, l’incapacità di sfuggire alle visioni soggettive, la paura della fiducia, il narcisismo, l’individualismo…

– Anche con l’idea che chi obbedisce non sbaglia mai.

Il sottotema “rideclinare il nostro stile di vita oggi” riassume bene la sostanza del problema, in un duplice senso: in primo luogo, si tratta di vedere l’obbedienza come uno stile di vita, non come una condizione speciale di subordinazione a una categoria di cui le persone hanno bisogno., e relativo ad alcuni atti e momenti. E in secondo luogo, è necessario vedere concretamente come articolare questo atteggiamento interiore, in quali direzioni e rapporti, in modo costante, affinché tutta la vita sia obbediente.

VIVERE L’OBBEDIENZA COME ATTEGGIAMENTO INTERNO

Il primo passo sostanziale è comprendere l’obbedienza, non come un atto, ma come un atteggiamento. Cioè come predisposizione abituale alla vita, e ad ogni situazione esistenziale, verso Dio e gli altri. In altre parole, è necessario formare una sensibilità obbediente o ob-audiente alla questione del metodo e dei contenuti.

Parlando dell’obbedienza come atteggiamento interiore, alcune delle caratteristiche presentate sono:

– Sensibilità ob-audiens, cioè: nell’atteggiamento del credente, mosso in ogni momento dal desiderio di Dio, cerca Dio portando la mano all’orecchio, per ascoltare quel Dio che parla senza voce, cosa Glielo sta chiedendo. Parlando della sensibilità ob-audiens, ci chiede di vivere radicalmente l’obbedienza, soprattutto in ascolto della Parola che si rivela e si comunica, attraverso la quale rinnova ogni giorno la sua alleanza d’amore. Da quella Parola scaturisce la vita che continua a trasmetterci ogni giorno della nostra vita.

Obbedienza come ascolto. È quel particolare tipo di ascolto che solo il figlio può donare al padre, perché è illuminato dalla certezza che il padre può avere solo cose buone da dire e da donare al figlio; un processo di ascolto intriso di fiducia che permette al figlio di accettare la volontà del padre, certo che sarà per il meglio.

– La condizione di docibilitas: che rompe paure, rigidità e chiusure di fronte alla realtà, e diventa persona libera di lasciarsi toccare, provocare, ispirare, educare attraverso la realtà e attraverso gli altri, una misteriosa mediazione del divino.

L’obbedienza a Dio è un cammino di crescita e, proprio per questo, dona libertà alla persona, permettendole di abbracciare un progetto o una volontà diversa dalla propria, che non solo non mortifica né sminuisce, ma pone le basi della dignità umana. Allo stesso tempo, la libertà è, di per sé, un cammino di obbedienza, poiché è obbedendo fin dal figlio al disegno del Padre che la persona che crede realizza la sua libertà. È caldo che tale obbedienza richieda di riconoscersi figlio e di gioire di esserlo, poiché solo un figlio e una figlia possono affidarsi liberamente nelle mani del Padre, proprio come il Figlio Gesù, che ha abbandonato se stesso nelle mani di il padre.

– Conseguenza spirituale: è la sensibilità ob-audiens che permette alla persona di riconoscere la presenza e la chiamata di Dio in ogni momento, e di creare una relazione con Dio attraverso la preghiera e la fede…

L’OBBEDIENZA COME MODO DI VITA (VOTUM)

In questa prospettiva padre Cencini ci ha presentato le scale (o gradini) dell’obbedienza cristiana, nelle quali:

– Obbedire al proprio corpo e alla realtà psicofisica, nell’essere accolti, con le proprie fragilità (malattia, invecchiamento…);
– Obbedire alla propria storia come storia di salvezza, con l’amore ricevuto, ma anche con le sue ferite;
– Obbedire ai propri limiti/debolezze di vario tipo, che deve essere anche ascolto per liberarsi da pretese di perfezione;
– Obbedire al proprio contesto, ogni fratello/sorella, perché non siamo noi che scegliamo, ma siamo scelti per vivere nella comunità, quindi dobbiamo ascoltare e praticare l’obbedienza fraterna;
– Obbedire al mondo circostante al quale siamo inviati, ai segni dei tempi, alla cultura per essere accolti con benevolenza;
– Obbedire ai poveri, a coloro che soffrono o sono deboli, e vivere nella compassione;
– Obbedire alla Regola come stile di vita individuale e comunitario;
– Obbedire alla Chiesa locale e universale, con stile sinodale;- Obbedire ai superiori, fine del processo, che può essere raggiunto attraverso tutte queste mediazioni senza tralasciarne nessuna, ma essendo docili e accettando la decisione di chi ha autorità.

La presentazione di Padre Amadeu si è conclusa con le seguenti domande:

Per vivere lo stile Ob-audiens dobbiamo essere consapevoli dell’ob-audiens, per chi?; COME?; Perché?

Queste domande restano da esplorare nella nostra vita e dobbiamo essere noi a trovare le nostre risposte attraverso le nostre esperienze quotidiane.

Pellegrinaggio al Santuario della Madonna Nera di Czestochowa

Dopo due intensi giorni di ascolto, il 13 maggio abbiamo fatto un pellegrinaggio al Santuario di Nostra Signora Nera (Nera) di Czestochowa. È uno dei santuari mariani più famosi d’Europa, situato a circa 140 km da Cracovia. Il monastero fu fondato nel 1382 dai monaci paolini ed è meta di pellegrinaggi da centinaia di anni.

Secondo la leggenda, nel 1384 giunse al monastero una copia fedele dell’immagine della Vergine Nera, dipinta inizialmente da San Luca mentre Maria già raccontava brani della vita di Gesù. La gente si abituò a rivolgersi all’immagine della Madonna di Czestochowa, come è anche conosciuta, per chiedere la grazia.

Anche i re polacchi si rivolgevano alla Madonna nei momenti difficili o quando il paese veniva attaccato da invasori molto più numerosi. Il caso più eclatante fu l’invasione degli svedesi nel 1655 quando 70 monaci e 80 abitanti si riunirono per difendere il monastero dall’attacco di 4000 uomini. Questa misurazione delle forze è durata 40 giorni. Il monastero fu salvato e il miracolo fu attribuito alla Vergine Nera. La verità è che, in generale, le preghiere sono state ascoltate, gli aiuti sono apparsi, sono accaduti miracoli! Grati per tutte le benedizioni, i re polacchi

Hanno fatto grandi donazioni al Santuario, in oro, argento, pietre preziose e denaro.

Dopo la vittoria sull’assalto svedese, il re Jan Kazumierz dichiarò la Vergine Nera santa protettrice del paese e regina della Polonia e nel 1656 papa Innocenzo XI ufficializzò questi titoli. Successivamente diversi pontefici riconobbero l’Immagine e ne emanarono l’Incoronazione Canonica. Papa Giovanni Paolo II ha visitato questo luogo 6 volte. Il culmine dei pellegrinaggi è il 26 agosto, giorno dedicato alla Madonna di Czestochowa.

Il dipinto gotico della Vergine Nera, alto 1,2 metri, è uno dei tesori più preziosi custoditi a Jasna Góra. Tra i tesori esposti c’è la medaglia del Premio Nobel per la Pace del 1983, ricevuta da Lech Walesa, fervente difensore dei lavoratori e del presidente polacco.

Un altro tesoro è il rosario realizzato dai prigionieri di Auschwitz con la mollica di pane (masticavano le briciole e poi ne facevano delle palline che conservavano). Il suo valore più grande sta nel fatto che quelle persone rinunciavano ogni giorno a qualche briciola (del poco che avevano), per fare del rosario che li teneva attaccati alla fede, l’unica cosa che Hitler non riuscì a togliere loro. !…

Per quanto riguarda la basilica, i dipinti sul soffitto ci colpiscono e raffigurano momenti della vita di Maria e di Gesù Cristo. Tutta la chiesa è rivestita in foglia d’oro. L’organo è stupendo e gli altari espongono varie opere d’arte.

Visita ad Auschwitz

La nostra giornata si è conclusa con il pellegrinaggio ad Auschwitz e Birkenau, noti campi di concentramento, dove morirono migliaia di ebrei. Si trovano a circa 70 km da Cracovia e sono diventati famosi in tutto il mondo come simboli dell’Olocausto. Sono stati riconosciuti dall’UNESCO come Patrimonio dell’Umanità nel 1979.

Abbiamo iniziato la nostra visita dal famoso cancello d’ingresso con la frase “Arbeit macht Frei” che significa “il lavoro rende liberi”.

Qui entravano tutti i prigionieri a cui era stato detto che se avessero lavorato duro e bene sarebbero stati rilasciati. Semplicemente non venne loro detto che dopo due mesi di esplorazione, mal nutriti e già malati, sarebbero stati considerati inutili e condannati a morire.

Nel primo blocco/alloggio sono esposte diverse fotografie che spiegano come venivano selezionati i prigionieri. Gli uomini più forti venivano scelti per lavorare. I più deboli, donne, bambini e anziani venivano subito condotti nelle camere a gas, pensando che sarebbero stati purificati prima di essere ospitati. Ad alcune donne veniva risparmiata questa selezione per soddisfare i piaceri carnali dei soldati sul campo.

Nelle stanze successive ci sono vetrine dove sono esposti gli effetti personali dei prigionieri (che erano stati loro sottratti all’arrivo), come scarpe, occhiali, valigie e persino le loro protesi. L’esposizione più grande e impressionante si trova in una stanza separata e mostra capelli umani, che venivano rasati a tutti coloro che arrivavano e che in seguito venivano utilizzati, ad esempio, per riempire i materassi o per realizzare l’insonorizzazione dei sottomarini.

Arrivammo ai dormitori dove i letti a castello erano su tre piani, ma ogni letto doveva essere condiviso da più persone. I servizi igienici, privi di privacy, potevano essere utilizzati solo negli orari stabiliti dai nazisti.

Accanto al cortile c’era il muro di tiro, dove venivano giustiziati i prigionieri che disobbedivano agli ordini. I segni dei proiettili sono ancora lì…

I nostri passi si fecero più pesanti e l’atmosfera si fece più tesa man mano che ci avvicinavamo al complesso dove era installata la camera a gas con una superficie di 210 metri quadrati.

I prigionieri venivano rinchiusi in questa stanza buia, tra gli 800 e i 1000 alla volta, completamente nudi. Il gas veniva poi rilasciato attraverso aperture nel soffitto. Quando il veleno cominciò a fare effetto, la morte avvenne in meno di 20 minuti.

Successivamente, un gruppo di prigionieri/operai portava i corpi per incenerirli nei forni. Tutto doveva essere tale che non rimanessero prove di un crimine. Le ceneri venivano usate per concimare i campi tedeschi!

Dopo aver condiviso questa esperienza, nasce nel mio cuore un grazie particolare per questa esperienza, per il dono condiviso da p. Cencini e per la fraternità bella vissuta.

 

                                                                                                                                                           Sr. Carla Guterres

                         Canossiana