La testimonianza di Madre Tina raccontata da Sr. Leny
A Vimercate, sede storica delle sorelle missionarie, si è tenuto l’incontro trimestrale dedicato alle sorelle under 55 anni: 20 sorelle provenienti da 8 paesi diversi si sono riunite, coordinate da Madre Tina e Madre Isabel, le guide della Delegazione d’Europa. Madre Tina ha aperto la sessione con un affettuoso benvenuto, in modo speciale alle tre sorelle indiane e alla sorella congolese che partecipavano per la prima volta all’incontro.
Ha spiegato poi la natura dell’incontro: essere un gruppo unico, caratterizzato però da lingue e culture diverse.
L’incontro vuol permettere alle Sorelle di vivere un momento prezioso di formazione in cui ascoltarsi, pregare e condividere qualcosa che porti energia alla vita di consacrazione di tutte e dia slancio alla missione che Dio ha disegnato per ciascuna. Madre Tina ha quindi concluso illustrando i tre giorni di questo seminario che erano centrati su:
• Gesù Cristo, il più grande amore
• La vita fraterna, un luogo privilegiato di formazione
• Relazione: con gli altri e con il mondo digitale.
Ha sottolineato con forza l’importanza di radicare la propria vita su una base solida, il nostro fondamento fermo che è Cristo Gesù. Ciascuna Sorella è chiamata a fare sempre più di Gesù il centro della sua vita e il cuore di tutto il suo essere, per poter condividere la gioia di essere stata chiamata e scelta da Lui e trasmetterla nella vita quotidiana, così da raggiungere ogni persona che si incontra.
Costruiamo la nostra vita sulla roccia che ci da la libertà:
GESÙ CRISTO “IL PIÙ GRANDE AMORE”
La testimonianza di Padre Maurizio (Francescano) raccontata da Sorella Anne
Il primo incontro è iniziato con una domanda di Padre Maurizio: amo, perché?
Oggi, in un contesto di grandi cambiamenti, la Chiesa – fondata sulla fede in Gesù che ci ha amato, il più Grande Amore, – ascoltando i tempi che cambiano vertiginosamente, che creano traumi negli uomini e donne oggi, si sente chiamata ad assumere un volto misericordioso, avvicinandosi all’umanità sofferente.
Questo difficile contesto mondiale genera in ogni persona un desiderio di cambiamento, frutto del pensiero sulla realtà. Infatti, un tale cambiamento d’epoca, presuppone un cambiamento di idee. L’esperienza della fede cristiana non è più legata alla forma o alla legge, ma all’esperienza più pura dell’amore che ci rende capaci di provare un amore in cui non siamo estranei gli uni gli altri.
In questa fase, siamo chiamati a discendere nel profondo della nostra fragilità per cambiarla, perché Gesù, che si è incarnato per cambiare e curare la fragilità umana e lo si incontra proprio inabissandosi nella miseria umana. Gesù vuole trasformare l’esperienza del popolo attraverso la Chiesa, una Chiesa che non ha bisogno di chiese o case perché la Chiesa siamo noi. Il tempio è stato sostituito, il tempio non è più una costruzione architettonica, ma è il corpo di Gesù, la persona di Gesù.
La Gloria di Dio non è una chiesa. Non è una cattedrale, nemmeno San Pietro. Quando Gesù ci pone davanti a queste sfide, facciamo fatica, ci opponiamo.
Noi andiamo continuamente in chiesa e ci illudiamo di vivere la nostra relazione con Dio andando in chiesa, ma in questa fase pomeridiana del cristianesimo siamo chiamati a discendere nel profondo, superando tutto ciò che è superficiale.
Oggi, la sfida della fede è evangelizzare la religione. La spiritualità è discendere nel profondo, superare tutto ciò che è superficiale. Spiritualità significa accogliere l’esperienza dell’Amore che ci rende capaci di amare, che ci rende attenti ai fratelli. L’altro, nella sua complessa diversità, diventa tempio e il tempio rivela Dio. Senza fraternità non c’è salvezza.
Dobbiamo rinascere dall’alto, lasciarci generare da quell’amore perché nulla, se non l’amore, può salvarci. Diventare adoratori nello Spirito mette fine al culto del tempio e ci allontana dalla spiritualità non cristiana.
Il vero cammino che conduce a Dio è quello della fraternità: per questo il cammino della sinodalità è universale. Cristo, il più grande Amore, ci insegna a vivere le nostre relazioni con rispetto; non giudica ma accetta tutte, è compagno di vita di tutte. L’amore di Gesù è un amore sano. E l’amore sano è quello che coinvolge sé stesso, l’altro e l’Altro, unendo queste tre diverse persone. Amare se stessi è strettamente legato all’autoconoscenza, al gustare la vita, sapere emozionarsi, gustare tutto. Il desiderio di essere amate è legato al desiderio di conoscersi, per non essere spettatori della vita.
La preghiera ci apre all’amore, ma la comunità ci fa sapere se la nostra vita è autentica o no. Lasciamoci spingere dallo Spirito Santo a crescere. L’altro, il prossimo è un esercizio di realtà. Dobbiamo avere il coraggio di stare nel cammino. L’amore è qualcosa che non ci conviene, ma dobbiamo lasciare che la diversità sia accolta dentro di noi per fare differenza. Quando uno mi ama, osserva la mia Parola, lasciamoci attrare da questa vita. Che la nostra vita sia una crescita continua, i poveri siano strumento per aiutarci ad amare, ci fanno diventare più umane. Impariamo la vita della gratuità.
Senza questo cammino di liberazione, possiamo cadere nel fariseismo con cui il Signore ha lottato tutta la vita. Il peccato più grande è il dividerci. I passi per questo cammino di conversione e di fraternità possono essere: relazione filiale con Cristo, ascoltare il Vangelo col cuore. Ci vuole un cammino di conversione verso il Vangelo (Fratelli Tutti). Le diversità vanno amate.
“
“VITA COMUNITARIA.LUOGO PRIVILEGIATO PER LA MIA FORMAZIONE”
La testimonianza di Suor Renata (Orsolina), raccontata da Sorella Elizabeth
Partendo da testi biblici come 1 Gv. 3 – 4, da alcune citazioni della Fratelli Tutti di Papa Francesco e dalla vita di alcuni santi (i padri del deserto, S. Antonio, S. Teresina), Suor Renata propone la riflessione sulla vita fraterna. Vorrei sottolineare alcuni spunti:
La vita in comunità “mi obbliga”, richiama verità, autenticità, per fare esperienza del dono. Quando sono propositiva, docile alla sua ricchezza, il rapporto tra i membri ha qualcosa di nuovo e di buono. Al contrario quando resto nella rigidità, nel volere far “giustizia” o resto chiusa, senza aprire le orecchie, il risultato è la tristezza, l’isolamento, il malessere.
Quali sono gli strumenti per custodire la vita fraterna?
• l’autoformazione, cioè la formazione permanente
• la vigilanza
• la preghiera
• l’umiltà
• il rispetto
• l’attenzione agli altri e a Dio
• l’umorismo
• la qualità degli spazi relazionali
• il dialogo
• La necessità di fare cammini personalizzati nelle comunità, per passare dal guardare al vedere; dall’udire all’ascoltare. Il bisogno di fermarci, valutare la nostra fraternità, la nostra attività. Pensando al brano del Vangelo che parla del vino e degli otri nuovi o al documento per i consacrati con lo stesso titolo, ci sentiamo spinte ad arricchire sempre nuovamente il nostro carisma e la nostra forma di consacrazione e di avere il coraggio di fermarsi e valutare cosa risponde ancora al Vangelo e cosa no.
• Rivedere lo stile, il modo di vivere l’autorità. Quella che favorisca la comunione, la sussidiarietà, dove tutte sono attive e corresponsabili. Nei numeri 41-46 si parla dell’importanza di passare dalla centralità dell’autorità alla centralità della fraternità.
Per far crescere sempre più il senso di appartenenza, può far bene domandarci: che stile di vita fraterna c’è nella mia comunità? Semplificando le strutture, quali potrebbero essere cambiate nella mia comunità?
• Impariamo ad essere donne creative, flessibili, elastiche. Chiedersi cosa ci si aspetta dalla comunità, se quello che si desidera sia giusto, possibile o è qualcosa più autoreferenziale. Chiedersi quando riusciamo a interagire meglio nella nostra comunità, se si è consapevoli dell’apporto che si può dare per costruire la fraternità… chiedersi quando ci facciano “piccoli regali” , tra di noi?
• Chiedersi che cosa sentiamo ha più peso nella fraternità e provare a raccontarci dove ciascuna è, così apriamo il cuore al luogo dove sta l’altra.
• Evitare il gran pericolo del giudizio. Dare un nome a quello che abbiamo dentro, custodire i pensieri che ci abitano. Restare a tu per tu con Gesù, aiuta a non lasciarmi dominare dei miei istinti, ma dallo Spirito. Come S. Teresina “Cosa faccio con quella che non amo?”. Da soli non possiamo, ma con Gesù possiamo andare avanti e vincere sempre. “Senza di me non potete far nulla” (Gv. 15)
Alla fine, come posso far sì che tutto mi formi? Ricordare che sono chiamata ad amare sempre. E che il cuore non invecchia mai quando c’è l’amore.
“ORA TOCCA A NOI” LE MIE RELAZIONI CON IL MONDO DIGITALE
La testimonianza di Sr Antonella Rocca raccontata da Sorella Imelda Coimbra
Prima di iniziare la serata di condivisione, Madre Antonella ci ha fatto vedere il film che racconta la nascita e l’ascesa di Facebook, “The Social Network”. Ecco i temi principali del film:
• Ambizione e innovazione: il film esplora il genio di Zuckerberg e la sua determinazione nel trasformare un’idea in un impero globale;
• Amicizia e tradimento: il rapporto tra Zuckerberg e Eduardo Saverina che si deteriora a causa di divergenze finanziarie e personale;
• Etica e potere: il film solleva domande sulla moralità nel mondo degli affari e sulla natura competitiva della Silicon Valley;
Il film è ambientato nel 2004, quando Zuckerberg, allora studente ad Harvard, crea un sito chiamato FACEMASH, uno strumento che consentiva agli studenti di votare la bellezza delle foto delle compagne di università.
Dopo la visione, sorella Antonella ci ha portato a riflettere sulla relazione tra la nostra comunità e le comunicazioni digitali in questo tempo, spingendoci a chiederci cosa può significare social media nella vita religiosa. Abbiamo compreso quanto il modo in cui comunichiamo ed evangelizziamo siano elementi fondamentali della vita relazionale nella comunità.
Quindi ci ha illustrato il Ciclo di Kolb, che deve il nome al suo creatore David Kolb, ed è un modello di apprendimento esperienziale che enfatizza il ruolo dell’esperienza nel processo di apprendimento. È costituito da quattro fasi:
Esperienza Concreta (Concrete Experience): la fase in cui si vive direttamente un’esperienza nuova o si ri-esperimenta una situazione passata in un contesto nuovo.
Osservazione Riflessiva (Reflective Observation): la fase in cui si riflette sull’esperienza avuta, osservando e analizzando ciò che è successo.
Concettualizzazione Astratta (Abstract Conceptualization): la fase in cui si formano concetti astratti e si generano teorie basate sulle riflessioni fatte. È il momento in cui si inizia a teorizzare e capire le cause e gli effetti dell’esperienza.
Sperimentazione Attiva (Active Experimentation): la fase finale in cui si applicano le nuove teorie e le idee nella pratica, mettendo in atto i concetti appresi in nuove esperienze.
Il ciclo è continuo e circolare, e permette così un miglioramento costante e l’adattamento attraverso l’apprendimento esperienziale. Questo modello è considerato efficace perché riconosce che l’apprendimento avviene attraverso un equilibrio tra esperienza pratica e riflessione teorica.
Santa Maddalena di Canossa, vissuta tra il 1774 e il 1835, percepiva la comunicazione come un mezzo fondamentale per diffondere il messaggio cristiano e aiutare i bisognosi: questa sua spinta avveniva nonostante l’assenza di social media e reti di comunicazione moderne. La sua visione della comunicazione era profondamente radicata nella relazione personale e nell’interazione diretta con le persone e con le sue sorelle. Credeva che l’educazione e la promozione sociale fossero strumenti essenziali per migliorare la vita delle persone, specialmente delle donne e dei poveri.
Maddalena utilizzava la comunicazione interpersonale per costruire relazioni di fiducia e per trasmettere valori cristiani attraverso l’educazione e l’assistenza. La sua capacità di comunicare efficacemente con le persone e con le sorelle e di ispirarle a seguire il suo esempio fu cruciale per il successo delle sue opere caritative. É curioso come in tempi in cui non esisteva ancora il digitale, Santa Maddalena di Canossa aveva creato una comunicazione intensa con le sorelle, basata su scambi epistolari in cui rispondeva ai quesiti di ogni sorella nelle diverse comunità, scritti che sono poi stati raccolti in un primordiale rete sociale. L’Epistolario, Le memorie, La Regola diffusa, la Regola di Vita, gli Scritti Spirituali, I Piani, le lettere a Don Libera. Queste fonti sono la testimonianza di come Maddalena di Canossa tenesse molto alla comunicazione, secondo i modi del suo tempo.
In sintesi, Santa Maddalena di Canossa vedeva la comunicazione come un atto di amore e di servizio, basato su relazioni personali e dirette, piuttosto che su mezzi tecnologici.