Mumbai. Accanto agli ultimi per generare percorsi di rinascita

Mumbai. Accanto agli ultimi per generare percorsi di rinascita

“Sì, la vita è degna di essere vissuta!”

di Sr. Lavina D’Souza

Articolo tratto da VitaPiù n. 13/2021

“Sono buona abbastanza? Sono simpatica?”.
Sono queste le domande che Richa (nome di fantasia) mi pose quando, una volta, venne nell’ufficio del nostro centro sociale di Mumbai. Richa è coinvolta nel mercato del sesso mentre la sua vita matrimoniale attraversa acque tumultuose, lasciandola emotivamente ed economicamente devastata. Le sue domande si sono incise profondamente nel mio cuore e questo genere di incontri continua a dar forma ai miei pensieri e alle mie azioni. Per più di dieci anni ho avuto l’opportunità di lavorare con bambini e donne in aree rurali e nella città, di aiutarle a riscoprire loro stesse e rendersi autonome. L’incontro con loro mi ha aiutato a scoprire verità di vita più profonde.

Il centro di servizi sociali nel quale lavoro a Mumbai svolge programmi di emancipazione per donne. Uno di questi programmi, il micro-credito, non solo cerca di offrire strumenti che rendano le donne autosufficienti economicamente, ma serve anche come punto di partenza per conoscerle individualmente e più profondamente e accompagnarle, facilitando la loro crescita personale e comunitaria.

Creare opportunità perché le donne possano liberare le loro potenzialità nascoste è uno degli scopi di questi programmi. Queste attività di micro-credito le hanno aiutate a scoprire le loro potenzialità e intraprendere piccole attività economiche che possono sostenere le loro famiglie. La possibilità di parlare in pubblico, altro strumento offerto alle donne per far venire a galla energie nascoste, è solitamente accolta con timore, timidezza e diffidenza. Ma con accompagnamento e incoraggiamento gentile, tante di queste donne arrivano ad una trasformazione positiva.
Sono felice di partecipare a un tale processo di trasformazione e di accompagnamento nel loro sviluppo sociale, economico e psicologico. Questo nostro ministero ha anche offerto loro l’opportunità di incontrarsi in un forum e di interagire con persone provenienti da diversi ambienti sociali, espandendo le loro vedute e cambiando la percezione di se stesse e della vita.

Certamente non è una passeggiata stare con loro. Affrontare nuovi rischi nello svolgimento di questo ministero è come camminare su di un sentiero non ancora tracciato, pieno di sfide, incertezze, dubbi ed anche scoraggiamento e delusioni. In questi momenti mi sovvengo di quello che un’anziana donna di origini tribali mi ha detto una volta mentre salivamo le colline nel periodo dei monsoni. Ammiravo la velocità del suo passo e lei esclamò: “I nostri piedi trovano la loro strada”.

Quello che ha detto è vero a un ulteriore livello. Mi sono resa conto che i miei piedi trovano la loro strada in momenti di solitudine, di silenzio e di preghiera che favoriscono e sostengono la nostra capacità di fidarci degli interventi divini attraverso sollecitazioni creative! Inoltre, camminando con queste donne, ho scoperto la mia vocazione a dare di più. Questa era una caratteristica di S. Maddalena che esortava le sue figlie a trovare il “di più” che si poteva fare per Cristo e la sua missione.

Questo aspetto del carisma della nostra Fondatrice mi ha ridato energia più volte. Specialmente durante l’attuale pandemia, l’emergere del “ministero del sollievo” per le persone del vicinato è stato una vera missione. Eravamo attivamente impegnate nell’organizzare, insieme a laici, come provvedere instancabilmente pacchi di cibo e di altre necessità per le persone nel bisogno. È stata un’apertura sul come affrontare le nuove povertà emergenti, specialmente nelle periferie. Ha aperto i nostri occhi sulle realtà di queste ‘persone concrete’, proprio come dice Papa Francesco, “i poveri e gli esclusi sono persone concrete. Invece di guardarle da un punto di vista puramente tecnico e funzionale, è tempo di renderli protagonisti della loro vita e nella società. Non siamo noi a pensare per loro ma a pensare insieme a loro”.

Un’altra possibilità di ‘uscita’ si è presentata sotto forma di servizio alla comunità delle persone transessuali. In India queste persone non solo vengono marginalizzate, ma spesso sono ridicolizzate e umiliate dagli altri, quindi costrette a vivere miseramente chiedendo elemosina e dandosi alla prostituzione. Il nostro programma accoglie il loro bisogno di sostentamento e allo stesso tempo le fa sentire persone accettate e accompagnate. Negli ultimi mesi, sperimentando accettazione e sentendosi inserite in una famiglia allargata, è aumentata la loro fiducia in noi. Abbiamo facilitato il formarsi di piccoli gruppi funzionali per aiutarle e risparmiare i loro piccoli guadagni (con un sistema di micro-credito) e rendendole consapevoli dei loro diritti e di varie possibilità offerte dal governo. Il programma sta stabilendo legami di collaborazione con aziende multinazionali che dimostrano mentalità più aperta e sono disponibili a offrire possibilità di lavoro. Inoltre, questi piccoli gruppi stanno stabilendo più rapporti di amicizia fra di loro e con le sorelle.

Tanto che la comunità transessuale ha fatto conoscere il nostro servizio di compassione ad alcune donne inserite nel commercio del sesso; esse vivono in un mondo di cui non vogliono parlare con altri per la vergogna, l’angoscia, il senso di colpa che provano. Desiderano però poter offrire un’educazione ai propri figli e assicurare loro un ambiente sicuro e fuori dall’ombra della schiavitù sessuale. Accogliendo questo nuovo impegno, in collaborazione con del personale professionalmente qualificato, il nostro centro sta preparando moduli per offrire ai loro bambini incontri che li motivino a costruire nuove attitudini e comportamenti sociali, lontani dal loro ambiente usuale.

Mi rendo conto che il punto di partenza di tutti questi programmi è la fiducia. Il cuore di tutte le attività di potenziamento umano sta nel costruire relazioni di fiducia. Alcuni anni fa, quando lavoravo con le comunità tribali, visitavo spesso i loro villaggi e chiacchieravo seduta intorno al fuoco, soprattutto durante le serate invernali. Era bello e, allo stesso tempo, le donne condividevano il loro pensiero, le loro idee, le loro preoccupazioni, ansie, sogni…Intorno al fuoco si viveva un momento di sinergia, in unità e fiducia.
Questa sinergia produce effetti moltiplicatori. Per esempio, è aumentato il numero dei volontari e delle persone che condividono questo stesso modo di sentire: mosse dalla sofferenza che vedono, si sono fatte avanti per contribuire con offerte di denaro o altro, anche del loro tempo, talenti e risorse. Riceviamo tante risonanze nella forma di punti di vista diversi, critiche e opinioni circa questo apostolato. Ci fortificano e ci aiutano nella ricerca di nuovi processi creativi nell’esercizio del nostro ministero.

Fortunatamente, questa ricerca non è lavoro di un individuo ma l’impegno di tutta la comunità religiosa che assume questo ministero. Ci sono momenti quando sperimentiamo forze contrarie che consumano le energie e inibiscono la grazia di Dio. Ma ciò può anche essere visto come ‘tensione creativa’ che porta in sé la capacità di dar vita a nuove dimensioni nel portare avanti la missione di Dio.
Penso che questa tensione creativa sia necessaria per portarci oltre e al di là di regole e regolamenti. È anche necessaria per aiutarci a capire che in questo apostolato non ci possiamo aspettare risultati tangibili, immediati e favorevoli, proporzionati alla programmazione, al coordinamento e ad altre risorse investite. Misurare risultati e dati statistici è necessario, ma limitare il ministero solo a questo significherebbe oggettivare la persona umana per fini personali.

Allora, in che cosa consiste questo ministero? Consiste nel lavorare con i criteri dell’amore, con pazienza e generosità, facendo sentire gli altri degni di essere accettati, amati, coltivati e accompagnati. Trovandomi una volta con delle persone transessuali, una di loro mi ha chiesto: “Valiamo qualche cosa, vale la pena vivere la nostra vita?” La mia riflessione, allora e adesso, è: “Cerchiamo di darle valore insieme”.