Chiamati ad “aggiustare” il mondo

Chiamati ad “aggiustare” il mondo

Una lettura vocazionale di “The Economy of Francesco”

di don Walter Magni, già responsabile delle Comunicazioni sociali dell’Arcidiocesi di Milano

The Economy of Francesco (I giovani, un patto, il futuro, Assisi 2020) è stato un incontro rivolto a giovani economisti, imprenditori e promotori di economia sensibile under 35, promosso da Papa Francesco. Con uno scopo preciso: discutere un nuovo modo di intendere l’economia, affrontando temi molto vicini alla cosiddetta economia civile. L’incontro era previsto in presenza dal 26 al 28 marzo 2020, poi è stato rinviato al 19–21 novembre online. Un richiamo è previsto per l’autunno 2021.

Un cantiere che parte

Il programma originario prevedeva una serie di conferenze e tavole rotonde con vari esperti di economia, prevedendo al termine la presenza di papa Francesco. A marzo 2020 il sito ufficiale dichiarava la partecipazione di duemila economisti provenienti da 115 paesi. A causa della pandemia si sono invece svolti una serie di eventi e webinar di preparazione nei mesi precedenti all’appuntamento di tre giorni di novembre online, con il messaggio video di papa Francesco e la dichiarazione di intenti in sei lingue, curato dagli organizzatori dell’evento.
Ma The Economy of Francesco non è stato solo un evento. Migliaia di giovani imprenditori, changemakers ed economisti di tutto il mondo si sono conosciuti, confrontati ed esprimessi sui grandi temi dell’economia globale, avviando un processo che ha tutta la pretesa di andare molto lontano. Già Papa Francesco nel Messaggio dell’1 maggio 2019 – Ai giovani economisti, imprenditori e imprenditrici di tutto il mondo – diceva:

“Le vostre università, le vostre imprese, le vostre organizzazioni sono cantieri di speranza per costruire altri modi di intendere l’economia e il progresso, per combattere la cultura dello scarto, per dare voce a chi non ne ha, per proporre nuovi stili di vita”.

Una chiamata che nasce

Il messaggio col quale Papa Francesco raggiunge tutti questi giovani, radunati virtualmente ad Assisi, nella terza e ultima giornata dell’evento (sabato 21 novembre), merita anzitutto d’essere ascoltato direttamente. Sullo sfondo va tenuto la categoria della vocazione, della vocazionalità cristiana. Come fosse possibile intuire che l’intento esplicito di Papa Francesco che vuole parlare in modo schietto e diretto a migliaia di giovani, altro non è che avviare nel loro cuore un vero e proprio processo vocazionale.

“Se è urgente trovare risposte, è indispensabile far crescere e sostenere gruppi dirigenti capaci di elaborare cultura, avviare processi – non dimenticatevi questa parola: avviare processi – tracciare percorsi, allargare orizzonti, creare appartenenze… Ogni sforzo per amministrare, curare e migliorare la nostra casa comune, se vuole essere significativo, richiede di cambiare ‘gli stili di vita, i modelli di produzione e di consumo, le strutture consolidate di potere che oggi reggono le società’. Senza fare questo, non farete nulla”.

Da dentro la situazione

La ‘strategia’ di Papa Francesco sembra presupporre una visione della vocazione, della chiamata del Signore, che non parte dall’alto, in modo trascendente, per ricadere sulle coscienze dei suoi giovani ascoltatori e inevitabilmente astratto per tutti quei giovani che lo stanno ad ascoltare. La sua voce di Dio che chiama sale, piuttosto, dalla voce dei poveri sfruttati da un’economia che li sfrutta e li annienta. Da dentro i dinamismi della professionalità e della competenza di giovani che sono alla ricerca sincera di nuove strategie e di nuove visioni nell’uso dei beni economici e dei beni della terra. Papa Francesco li invita a ritrovare là dove sono, dove già studiano ed operano, le motivazioni per rispondere a Dio che ancora e sempre chiama.

In questo senso il Papa indica loro l’esperienza di Francesco d’Assisi, che aveva sentito provenire dal crocifisso di san Damiano una voce che diceva: “Francesco va’, ripara la mia casa che, come vedi, è in rovina”. Come Francesco da dentro una chiesa rovinata e cadente sente la chiamata di Dio, così questi giovani sono invitati a rispondere a un appello urgente, a una chiamata. Da dentro un’economia mondiale stanca e in rovina, che chiede d’essere ripensata; sentendosi a pieno titolo cittadini di nazioni che abitano una terra rovinata dall’incuria e dallo sfruttamento dell’egoismo degli uomini. Una chiamata che scaturisce da una coscienza nuova, da una consapevolezza che può più aspettare:

“Sapete che urge una diversa narrazione economica, urge prendere atto responsabilmente del fatto che «l’attuale sistema mondiale è insostenibile da diversi punti di vista’ e colpisce nostra sorella terra, tanto gravemente maltrattata e spogliata, e insieme i più poveri e gli esclusi (…). Se non vogliamo che questo succeda, siete chiamati a incidere concretamente nelle vostre città e università, nel lavoro e nel sindacato, nelle imprese e nei movimenti, negli uffici pubblici e privati con intelligenza, impegno e convinzione, per arrivare al nucleo e al cuore dove si elaborano e si decidono i temi e i paradigmi”.

Stando insieme

La consapevolezza di chi sta dentro, di chi già vive in prima persona il dramma e la fatica di una frammentazione e di un disorientamento generale: “Il problema nasce quando ci accorgiamo che, per molte delle difficoltà che ci assillano, non possediamo risposte adeguate e inclusive; anzi, risentiamo di una frammentazione nelle analisi e nelle diagnosi che finisce per bloccare ogni possibile soluzione. In fondo, ci manca la cultura necessaria per consentire e stimolare l’apertura di visioni diverse, improntate a un tipo di pensiero, di politica, di programmi educativi, e anche di spiritualità che non si lasci rinchiudere da un’unica logica dominante”.
Questi giovani economisti e imprenditori che hanno stabilito con Papa Francesco un rapporto di fiducia e di ascolto di un senso, di attesa di una direzione, sono chiamati così a prendere atto di una realtà che si è rotta e che spesso gli adulti non sanno più come aggiustare. Dunque, che resta da fare? Papa Francesco, senza tirarsi fuori dalla complessità della situazione, osa un suggerimento alto:

“Dobbiamo ritornare un po’ alla mistica [allo spirito] del bene comune. (…). E questa cultura dell’incontro permette a molte voci di stare intorno a uno stesso tavolo per dialogare, pensare, discutere e creare, secondo una prospettiva poliedrica, le diverse dimensioni e risposte ai problemi globali che riguardano i nostri popoli e le nostre democrazie. (…). Non dimentichiamo mai che «il tutto è più delle parti, ed è anche più della loro semplice somma», e che «la mera somma degli interessi individuali non è in grado di generare un mondo migliore per tutta l’umanità». Questo esercizio di incontrarsi al di là di tutte le legittime differenze è il passo fondamentale per qualsiasi trasformazione che aiuti a dar vita a una nuova mentalità culturale e, quindi, economica, politica e sociale”

Con lo sguardo di Gesù

E sul presupposto di voler stare caparbiamente insieme per evidenziare le strategie più adatte per aggiustare questo mondo, l’altro passaggio che Papa Francesco propone è di avere l’occhio fisso sull’umano, sull’umanità composta da ogni singolo uomo e donna. Mettersi a servizio dell’uomo, di ogni uomo, attuando così una economia integrale. Oltre la logica del profitto che il vecchio mondo ha consegnato a questi giovani economisti e imprenditori, papa Francesco li invita ad esercitare la prospettiva di una gratuità che sa guardare ad ogni uomo con senso di partecipazione, con una passione profonda per la sua condizione spesso precaria e senza prospettiva.

Dice in questo senso papa Francesco, viviamo

“un tempo che ci ricorda che non siamo condannati a modelli economici che concentrino il loro interesse immediato sui profitti come unità di misura e sulla ricerca di politiche pubbliche simili che ignorano il proprio costo umano, sociale e ambientale. Come se potessimo contare su una disponibilità assoluta, illimitata o neutra delle risorse. No, non siamo costretti a continuare ad ammettere e tollerare in silenzio nei nostri comportamenti «che alcuni si sentano più umani di altri, come se fossero nati con maggiori diritti» o privilegi per il godimento garantito di determinati beni o servizi essenziali. Non basta neppure puntare sulla ricerca di palliativi nel terzo settore o in modelli filantropici (…). Occorre accettare strutturalmente che i poveri hanno la dignità sufficiente per sedersi ai nostri incontri, partecipare alle nostre discussioni e portare il pane alle loro case. E questo è molto più che assistenzialismo: stiamo parlando di una conversione e trasformazione delle nostre priorità e del posto dell’altro nelle nostre politiche e nell’ordine sociale”.

Papa Francesco conclude il suo messaggio con un cenno discreto e preciso a Gesù, invitando tutti ad acquisire l’orizzonte del suo sguardo, la forza e il coraggio del suo cuore amante. “La storia ci insegna che non ci sono sistemi né crisi in grado di annullare completamente la capacità, l’ingegno e la creatività che Dio non cessa di suscitare nei cuori. Con dedizione e fedeltà ai vostri popoli, al vostro presente e al vostro futuro, voi potete unirvi ad altri per tessere un nuovo modo di fare la storia. Non temete di coinvolgervi e di toccare l’anima delle città con lo sguardo di Gesù; non temete di abitare coraggiosamente i conflitti e i crocevia della storia per ungerli con l’aroma delle Beatitudini”. Per costruire un futuro ricolmo della gioia del Vangelo.