Sette passi per una spiritualità della missione

Sette passi per una spiritualità della missione

di fratel Enzo Biemmi

Non basta evangelizzare: occorre evangelizzare evangelicamente.

C’è un passo del Nuovo Testamento che, in questo senso, è illuminante. È l’annuncio dell’apostolo Filippo all’eunuco etiope, narrato negli Atti degli Apostoli.

26 Un angelo del Signore parlò intanto a Filippo: «Alzati, e va’ verso il mezzogiorno, sulla strada che discende da Gerusalemme a Gaza; è una strada deserta». 27 Egli si alzò e si mise in cammino, quand’ecco un Etiope, un eunuco, funzionario di Candàce, regina di Etiopia, amministratore di tutti i suoi tesori, che era venuto per il culto a Gerusalemme, 28 stava ritornando, seduto sul suo carro, e leggeva il profeta Isaia.
29 Disse allora lo Spirito a Filippo: «Va’ avanti, e raggiungi quel carro». 30 Filippo corse innanzi e, udito che leggeva il profeta Isaia, gli disse: «Capisci quello che stai leggendo?». 31 Quegli rispose: «E come potrei capire, se nessuno mi istruisce?». E invitò Filippo a salire e a sedere accanto a lui. 32 Il passo della Scrittura che stava leggendo era questo:
Come una pecora egli fu condotto al macello e come un agnello senza voce innanzi a chi lo tosa, così egli non apre la sua bocca. 33 Nella sua umiliazione il giudizio gli è stato negato, ma la sua discendenza chi potrà mai descriverla? Poiché è stata recisa dalla terra la sua vita.
34 Rivolgendosi a Filippo, l’eunuco disse: «Ti prego, di quale persona il profeta dice questo? Di se stesso o di qualcun altro?». 35 Filippo, prendendo la parola e partendo da quel passo della Scrittura, annunziò a lui Gesù.
36 Proseguendo lungo la strada, giunsero dove c’era dell’acqua e l’eunuco disse: «Ecco, qui c’è dell’acqua; che cosa impedisce che io sia battezzato?». [37]. 38 Fece fermare il carro e scesero tutti e due nell’acqua, Filippo e l’eunuco, ed egli lo battezzò.
39 Quando risalirono dall’acqua, lo Spirito del Signore rapì Filippo e l’eunuco non lo vide più e pieno di gioia, proseguiva la sua strada. 40 Filippo invece si trovò ad Azoto e, proseguendo, annunziava il Vangelo a tutte le città, finché giunse a Cesarèa.
[Atti 8,26-40]

Diamo alla riflessione di oggi un taglio più spirituale. Ci lasciamo guidare dalla Parola di Dio sul tema dell’evangelizzazione e della missione. Il libro degli Atti degli apostoli è un riferimento obbligato. Scegliamo l’episodio dell’incontro tra Filippo e l’eunuco, un racconto esemplare che riassume lo stile della comunità primitiva nel suo compito di evangelizzazione e di missione. È un testo scritto da Luca a specchio con quello dei discepoli di Emmaus (Lc 24). Si tratta in entrambi i casi di un tratto di strada fatto insieme, che si trasforma per i protagonisti in un’esperienza di evangelizzazione. La differenza sta in questo: colui che era l’annunciatore (Gesù) diviene ora l’annunciato.

Ma la comunità afferma con questo racconto che essa continua l’annuncio del kerigma con lo stesso stile con il quale il Signore Gesù lo ha annunciato loro dopo la Pasqua. Luca ci offre così alcune caratteristiche che devono sempre connotare chi annuncia il vangelo.

La nota dominante di tutto il racconto è chiara: il principio ispiratore di tutta l’azione evangelizzatrice è lo Spirito Santo. Soltanto lo Spirito è veramente competente per condurre alla fede in Gesù Signore, ma anche per mettere nel cuore e nella bocca dell’evangelizzatore le parole e gli atteggiamenti adeguati per una mediazione discreta ed efficace.

L’evangelizzazione è “spirituale” nella misura in cui si presenta come diaconia dello Spirito Santo, servizio alla sua azione nel cuore delle persone. I tratti di questa diaconia spirituale possono essere riassunti in sette passaggi.

1. Stare sulla strada “deserta” con speranza

L’angelo del Signore (lo Spirito) manda Filippo su una strada deserta, in direzione di Gaza, a mezzogiorno. Lo Spirito chiede una “chiesa in uscita”. Filippo lascia Gerusalemme, la città santa del tempio, per una strada che conduce verso una città profana. È il passaggio che le nostre comunità cristiane sono chiamate a fare. Dopo un lungo tempo di cristianità sociologica ci troviamo sbalzati su una strada deserta, dove sembrano scomparsi i riferimenti religiosi personali e sociali.

La strada deserta indica la storia e la cultura quando queste non si riconoscono più nei codici religiosi abituali. Lo Spirito invita la comunità cristiana a stare volentieri dentro questa cultura apparentemente “deserta” e a non lasciarsi prendere dalle nostalgie dei tempi passati, abitando con speranza gli spazi di vita umani e sociali, nella certezza che le donne e gli uomini di oggi rimangono capax Dei.

Ecco dunque la prima dimensione spirituale dell’evangelizzatore: l’accoglienza gioiosa dell’invito del Risorto ad abitare la profanità di questo tempo con fiducia e speranza.

 

2. Saper cogliere la domanda di senso

Su quella strada deserta Filippo, contro ogni umano calcolo e contro ogni sensata previsione, è sorpreso da una presenza. Luca ci comunica questo senso di sorpresa e di meraviglia con un improvviso “ed ecco”, al quale fa seguire la descrizione di un personaggio strano: “un etiope, eunuco, funzionario della regina Candace…, venuto a Gerusalemme per il culto”, che sta leggendo il profeta Isaia. Per la disponibilità dell’evangelizzatore Filippo, si realizza un incontro che suscita stupore: c’è un uomo che viene da lontano, segnato dalla sua condizione marginale e disprezzata di eunuco. La sorpresa per Filippo è che quest’uomo così insolito è in ricerca religiosa! In questa persona c’è già la presenza di Dio.

La finezza dell’evangelizzatore si rivela nel cogliere le ansie e i desideri che le persone esprimono con le modalità più diverse, nel saper leggere i vissuti narrati dove si nasconde la domanda di senso. Le persone, apparentemente superficiali, hanno un grande bisogno di vita e quando trovano persone che le ascoltano senza moralismi e pregiudizi, manifestano una domanda di infinito non meno alta di quella dei giovani e degli adulti di un tempo passato.

La seconda caratteristica della spiritualità di un evangelizzatore è dunque di saper vedere la presenza di Dio in tutte le persone.

 

3. Fare strada con il ritmo di passo di colui che si accompagna

Se osserviamo il percorso di Filippo con l’eunuco etiope, lo vediamo contrassegnato da una pedagogia dell’accompagnamento chiaramente modellata su quella del Risorto con i pellegrini di Emmaus. Questa pedagogia è segnalata da una serie di verbi significativi: incontrare, correre vicino, sentire, salire sul carro e sedersi vicino. Viene così disegnata una delicata e profonda progressione di entrata in relazione con la persona.

In questa prima parte Filippo è passivo: si limita ad entrare in relazione vera. L’unica parola sua è una domanda stimolo, che provoca nella persona una presa di coscienza e una domanda di aiuto: “E come potrei comprendere, se nessuno mi guida?”.

L’accompagnamento richiede la capacità di affiancarsi con rispetto a colui che sta cercando e va interrogandosi. I modi e i tempi di questa ricerca non vanno prefissati o addirittura imposti da colui che, come evangelizzatore, si affianca al cammino di riscoperta della fede. Essi sono piuttosto dettati dal cammino interiore e dal progressivo dischiudersi di colui che cerca. L’atteggiamento di non controllo e di non potere sulla fede dell’altro richiede vigile pazienza, capacità di cogliere il momento di grazia che si manifesta nell’altro, attenzione a rispondervi con disponibilità ed intelligenza, apertura faticosa ma fruttuosa ad impostare cammini personalizzati.

Una terza dimensione della spiritualità dell’evangelizzatore è di servire il cammino interiore delle persone, lasciandosi programmare dai tempi e dai ritmi delle persone piuttosto che programmare noi il loro cammino. È una fase di ascolto attivo, capace di inviare provocazioni perché la persona possa fare il passo che da sola non farebbe, ma il passo suo, non il nostro, secondo il tempo suo e non il nostro.

4. Evangelizzare Gesù

Il racconto di Luca ci dice poi, con un versetto molto denso (v. 35), che Filippo prende la parola e “gli evangelizzò Gesù”. È difficile rendere la forza di questa espressione. “Evangelizzare Gesù” significa annunciare Gesù come significativo per la vita di una persona, come bella notizia per la sua vita. Non sappiamo che cosa abbia detto Filippo all’eunuco. Ma possiamo intuire due cose:

  • Come risulta dal testo del servo sofferente di Isaia, fu un annuncio che andò diritto al cuore del mistero pasquale, cioè del kerigma annunciato a favore dell’etiope, uomo che sperimentava per la sua situazione una vita “recisa dalla terra” e senza discendenza.
  • Fu un annuncio credibile, perché l’eunuco lo vide già realizzato nella persona stessa di Filippo. Senza questa seconda caratteristica della testimonianza, le parole di Filippo non avrebbero potuto provocare fiducia ed abbandono.

È questa la quarta caratteristica spirituale dell’evangelizzatore. Non si evangelizza se non si arriva a tradurre l’annuncio del vangelo a partire dalla situazione concreta delle persone e se, nello stesso tempo, non si presenta la propria vita come una prova vivente della misericordia di Dio.

L’evangelizzazione non è la comunicazione di una dottrina, neppure di un racconto, ma il dire ad altri ciò che per grazia siamo diventati.

5. Non creare impedimenti

Dopo l’annuncio di Filippo, l’eunuco fa una domanda: “Cosa impedisce che io sia battezzato?”, che io entri a far parte della comunità dei salvati? Nel linguaggio del vangelo di Luca e degli Atti degli Apostoli quell’impedimento che l’eunuco evoca è quello posto molte volte dalla comunità cristiana. Basta pensare agli apostoli che impediscono ai fanciulli di andare a Gesù (Lc 18,15-17);  ai farisei che impediscono con i loro schemi religiosi che qualcuno entri nel regno dei cieli (Lc 11,52); ai discepoli che vorrebbero impedire che i demoni vengano cacciati da chi non è della nostra cerchia; a Pietro nell’episodio di Cornelio, quando la comunità lo rimprovera di aver dato il battesimo a un pagano (cf. At 10,47 e 11,17). Su questo sfondo si capisce, dunque, la domanda dell’eunuco. Essa ci appare come un grido di protesta contro i pregiudizi ancora presenti nella comunità cristiana.

Questo grido raggiunge le nostre comunità. Il sottile pregiudizio, infatti, che i poveri e i socialmente emarginati, che quanti non rispondono ad un certo modello religioso, che coloro che sono stati moralmente fragili, costituiscano una presenza stonata nella comunità cristiana, può ancora albergare nella mente di certi cristiani. Ci possono essere resistenze e sospetti nei praticanti tradizionali verso chi è giunto, talora attraverso percorsi faticosi, ad intravedere nel vangelo di Gesù Cristo una speranza di salvezza per la propria vita e per la propria storia tortuosa. Sarebbe triste che dopo aver invocato e programmato la ricerca dei cosiddetti “lontani”, le comunità cristiane si rendessero poco accoglienti o addirittura facessero sentire a disagio coloro che Dio ha inaspettatamente resi “vicini”. È contro il pericolo di rigidità e chiusure che si è elevata la protesta dell’eunuco, una volta che egli ha compreso che in Gesù Cristo c’è speranza di salvezza anche per gli emarginati ed i disperati.

Abbiamo dunque qui una quinta caratteristica della spiritualità dell’evangelizzatore. Essa consiste nell’abbandonare qualsiasi pregiudizio per credere che tutte e tutti, comunque sia la loro vita, sono degni del vangelo e che i più poveri sono i più adatti ad accoglierlo.

 

6. Rifare insieme il cammino della fede

Il testo presenta poi un passaggio molto interessante. «Fece fermare il carro e scesero tutti e due nell’acqua, Filippo e l’eunuco, ed egli lo battezzò» (v. 38). Troviamo in questo versetto un’azione congiunta e una disgiunta. L’azione congiunta è quella dell’immersione nell’acqua: evangelizzatore e evangelizzato scendono insieme nell’acqua. Questa immersione richiama simbolicamente l’esperienza del mistero pasquale. Luca nel suo racconto insiste su questo punto: “tutti e due”, “Filippo e l’eunuco”. Il testo sembra suggerire che chi accompagna un altro nel cammino della fede non può restare fuori: è chiamato a ripercorrere differentemente, a partire dall’altro, il percorso della fede già una volta compiuto.

L’azione disgiunta, attribuita solo a Filippo, è quella del battezzare. Si segnala così una asimmetricità: è Filippo che battezza, come segno della comunità. C’è dunque un cammino fatto insieme, un’esperienza pasquale condivisa e poi un gesto che solo l’evangelizzatore può fare.

Abbiamo una sesta dimensione della spiritualità di un evangelizzatore. Si tratta di compromettersi realmente nel cammino di fede dell’altra persona. L’evangelizzatore deve rischiare un ricominciamento a partire dall’altro. Questo ricominciamento porta l’evangelizzatore stesso a “credere diversamente”, ricevendo da colui che accompagna una sorta di re-iniziazione. Nello stesso tempo viene custodita una differenza, non di dignità, ma di servizio. La comunità dona ciò che a sua volta ha ricevuto.

 

7. Saper scomparire

Infine è bello sottolineare che il testo termina con l’indicazione che lo Spirito rapisce Filippo e lo porta lontano, mentre l’eunuco prosegue con gioia la sua strada.

Quest’ultimo aspetto è di fondamentale importanza per ogni evangelizzatore. Segnala la necessità di lasciare pieno spazio all’azione dello Spirito e al cammino personale dei soggetti. L’accompagnamento mira a consegnare le persone all’azione dello Spirito e alla loro libertà. Questo significa che il compito dell’annuncio è a termine. È bene che, accompagnata una persona, il testimone scompaia, perché possa fiorire la libertà personale sotto l’azione dello Spirito, in direzioni che noi non possiamo immaginare. L’accompagnamento rinuncia a verificare i risultati. Noi seminiamo, qualcun altro irrigherà, ma solo Dio fa crescere.

Si colloca qui un’ultima caratteristica della spiritualità dell’evangelizzatore. Si tratta del carattere provvisorio e limitato del servizio di annuncio, il quale si compie proprio nel momento in cui l’evangelizzatore si tira da parte.