di fratel Enzo Biemmi
Dopo aver visto la struttura del testo, il suo impianto e la logica che lo sostiene (struttura e logica già significativi per cogliere l’idea di missione del documento), un secondo indizio che osserviamo è il linguaggio. In pratica papa Francesco fa dal punto di vista linguistico quello che chiede di fare alla Chiesa: la conversione missionaria. Afferma che ogni dimensione di Chiesa è chiamata alla riforma e senza dirlo fa vedere che egli stesso riforma il linguaggio. E che riforma! La riforma del linguaggio di EG è il cambiamento più evidente rispetto al linguaggio magisteriale precedente, compreso quello del Concilio. Quest’ultimo utilizza un linguaggio impregnato dalle Scritture e dei Padri (che gli conferisce un afflato sapienziale e spirituale) rimanendo però nei codici della grammatica ecclesiale decifrabile per chi è all’interno della Chiesa e ha una cultura ecclesiastica. Il linguaggio di EG è marcatamente differente, e lo possiamo definire a ragione “missionario” in senso forte. Perché?
- Si tratta di un linguaggio autoimplicativo (io), e questo non si era mai visto in un documento ufficiale. EG parla con l’io, mai il redattore si esenta da ciò che dice (si veda il caso della riforma del modo di esercitare il ministero petrino, n° 32), non teme di far riferimento alla sua esperienza (ad es. di quando era a Buenos Aires, EG 7, 49, 76…).
- Si tratta di un linguaggio ospitale, nel quale è presente costantemente l’interlocutore (tu), la sua vita concreta, la sua storia, le sue sofferenze, le sue inquietudini. È un linguaggio che guarda le cose non dal centro, ma dalla periferia, guarda le cose dal punto di vista di chi le vive e non dalla sola oggettività di quanto la Chiesa è chiamata ad annunciare.
- Si tratta di un linguaggio rivelativo, il cui messaggio cioè è reso costantemente nella sua dimensione di “buona notizia”, e quindi ricondotto all’essenziale: questo essenziale consiste nel mostrare che ogni dimensione della fede riguarda la misericordia di Dio per ciascuno. Il vangelo è bella notizia per la tua vita, parola di misericordia.
Occorre ragionare bene su queste tre caratteristiche del linguaggio di EG che sono un’ottima spia per cogliere la concezione missionaria di papa Francesco: autoimplicativo (la Chiesa non sta fuori da quello che dice); ospitale (la Chiesa non lascia fuori la vita reale delle persone in quello che dice e si lascia ospitare da questa vita); rivelativo nel suo contenuto (la Chiesa non lascia fuori il volto di Dio misericordioso nelle formulazioni di quello che dice, non si limita a trasmettere una dottrina).
Possiamo definire tutto questo come la più palese “trasgressione” di papa Francesco, non solo in EG (dove è evidentissima) ma in tutti i suoi interventi (la prima apparizione, le catechesi, le omelie, le interviste…). Il cambiamento più sconcertante e quello che maggiormente incide sulla visione di Chiesa.
Il linguaggio della Chiesa è veramente missionario quando custodisce l’intreccio di tre soggetti: il testimone, il soggetto destinatario, il volto di Dio. Se ne lascia fuori uno non è più missionario. Possiamo così delineare tre modi di intendere la missione evangelizzatrice della Chiesa, tre rappresentazioni presenti oggi nella Chiesa.
– La prima rappresentazione lascia fuori colui che annuncia, lo lascia riparato dietro al contenuto che è chiamato ad annunciare, dietro al lato oggettivo della fede. In questo caso l’approccio è marcatamente dottrinale e così facendo non solo non implica chi annuncia, ma non raggiunge neppure il destinatario, la sua vita reale. La difesa della dottrina diventa in questo modo uno scudo per non implicarsi. La deriva di questa idea di missione è il tradizionalismo.
– La seconda rappresentazione è tutta concentrata sulla parola del testimone, sulla sua forte esperienza di fede. In questo caso la fede viene fatta coincidere inconsapevolmente con la propria esperienza spirituale e diviene secondaria la realtà della vita e la cultura di colui a cui ci si rivolge. La testimonianza è sempre uguale a se stessa. È lo stesso kerigma per tutti. È proprio di un approccio carismatico.
– La terza rappresentazione intreccia le tre storie: la propria come persona raggiunta dalla grazia e sempre in cammino, quella dell’interlocutore ascoltata come storia di salvezza in corso per riconoscervi l’agire di Dio e mettersi al suo servizio, quella del Signore Gesù annunciato come “evangelo” per la situazione concreta di quella persona precisa. In questa modalità il vangelo annunciato è sempre uguale e sempre nuovo. È un approccio “missionario” in senso forte. Esso modifica continuamente i tre soggetti implicati, nel senso che li cambia, li mantiene in cammino, in stato di ridefinizione, di sequela: sia chi annuncia, sia chi riceve l’annuncio, sia il contenuto dell’annuncio.
Che il linguaggio così inteso sia una questione decisiva per cogliere l’idea di missione di EG e per assumere il suo invito alla conversione missionaria lo dice esplicitamente il testo, in un passaggio notevole:
«Gli enormi e rapidi cambiamenti culturali richiedono che prestiamo una costante attenzione per cercare di esprimere le verità di sempre in un linguaggio che consenta di riconoscere la sua permanente novità. Poiché, nel deposito della dottrina cristiana « una cosa è la sostanza […] e un’altra la maniera di formulare la sua espressione ». A volte, ascoltando un linguaggio completamente ortodosso, quello che i fedeli ricevono, a causa del linguaggio che essi utilizzano e comprendono, è qualcosa che non corrisponde al vero Vangelo di Gesù Cristo. Con la santa intenzione di comunicare loro la verità su Dio e sull’essere umano, in alcune occasioni diamo loro un falso dio o un ideale umano che non è veramente cristiano. In tal modo, siamo fedeli a una formulazione ma non trasmettiamo la sostanza. Questo è il rischio più grave. Ricordiamo che «l’espressione della verità può essere multiforme, e il rinnovamento delle forme di espressione si rende necessario per trasmettere all’uomo di oggi il messaggio evangelico nel suo immutabile significato » (EG 41).
Questo testo apre al punto seguente: quale è il contenuto dell’annuncio? cosa dobbiamo annunciare nella nostra missione?