di fratel Enzo Biemmi
Evangelii gaudium di Papa Francesco è il documento fondamentale di riferimento per cogliere la visione di missione e di evangelizzazione che egli affida alla comunità ecclesiale. Lo analizziamo attraverso tre angolature particolari:
- La spia della struttura del testo, attraverso la quale papa Francesco rivela la sua visione di fede e di Chiesa, facendo così di EG la carta programmatica del suo magistero.
- Il linguaggio, connotato da tre caratteristiche peculiari.
- Il contenuto dell’annuncio
Un abbozzo di riscrittura del Concilio
Il teologo Christoph Theobald, in un suo intervento afferma che con EG ci troviamo di fronte a un abbozzo di riscrittura del Vaticano II. Sostiene che papa Francesco, rispetto ai suoi predecessori, sembra avere un rapporto più libero con il concilio, un rapporto caratterizzato dall’averne pienamente assunto la prospettiva ma dal sentire la necessità di riformularne alcune linee di fondo per il contesto attuale profondamente mutato. Definisce EG “un’interpretazione originale del concilio”. Vista «la distanza culturale dal concilio, – scrive – e senza la prospettiva di un nuovo concilio, è necessario trovare un tipo di “riscrittura” che sia sufficientemente ancorata nell’ultima espressione normativa del cattolicesimo mondiale e al tempo stesso sufficientemente libera rispetto ad essa per rispondere all’oggi di Dio con sufficiente creatività». Ma aggiunge a questa ragione storica, una ragione propriamente teologica: la “prospettiva pastorale” del Vaticano II aveva bisogno di «una ripresa stilistica, certo ampiamente preparata da Paolo VI, ma rimasta in stato di latenza durante tutto un periodo postconciliare troppo preoccupato dell’ossatura “dottrinale” del concilio».
Con l’espressione “ripresa stilistica” della pastoralità del Vaticano II Theobald fa ricorso alla sua nozione privilegiata, quella di “stile” (si veda la sua opera maggiore Il cristianesimo come stile), con la quale ara il campo di tutta la teologia e ridisegna un nuovo modo per la Chiesa di stare al mondo e di intendere il vangelo. Questa “riscrittura” del Vaticano II in assenza di un nuovo concilio è stata abbozzata, dice Theobald, da EG. Un abbozzo, naturalmente, perché una sua riscrittura totale può essere fatta solo da un nuovo concilio. Questo abbozzo di riscrittura si riassume, nel linguaggio del teologo gesuita, nell’espressione “nuovo stile di evangelizzazione.
Evangelii gaudium cornice apostolica della Chiesa
Iniziamo guardando la logica che detta la struttura del testo. Per coglierne la portata è bene partire dall’autoconsapevolezza che di essa ha lo stesso papa Francesco. Riportiamo le parole che ha detto in un incontro con i Gesuiti e che ha ripetuto ai Superiori Generali il 25 novembre 2017.
Vi raccomando l’Evangelii gaudium, che è una cornice. Non è originale, su questo voglio essere molto chiaro. Mette insieme l’Evangelii nuntiandi e il documento di Aparecida. Pur essendo venuta dopo il Sinodo sull’evangelizzazione, la forza dell’Evangelii gaudium è stata di riprendere quei due documenti e di rinfrescarli per tornare a offrirli su un piatto nuovo. L’Evangelii gaudium è la cornice apostolica della Chiesa di oggi.
L’espressione chiave è questa: EG è la cornice apostolica della Chiesa di oggi. Con un’immagine papa Francesco esplicita le sue intenzioni: EG è un nuovo quadro di riferimento per la vita della Chiesa, non un documento come gli altri. «Credo che l’Evangelii gaudium vada approfondita, – aggiunge – che ci si debba lavorare nei gruppi di laici, di sacerdoti, nei seminari, perché è l’aria evangelizzatrice che oggi la Chiesa vuole avere. Su questo bisogna andare avanti. Non è qualcosa di concluso, come se dicessimo: è andata, ora tocca a Laudato si’. E poi: è andata, adesso c’è Amoris laetitia…».
Se EG è la cornice, possiamo allora dire che Laudato si’ e Amoris laetitia sono le due tele che il papa ha già dipinto dentro questa cornice, due coniugazioni della prospettiva missionaria di EG in due campi cruciali per la vita di tutti: la custodia del creato e la cura della famiglia. Siamo sicuri che la terza tela, quella sui giovani (dopo il prossimo sinodo del 2019), avrà la stessa cornice. Papa Francesco non smentirà mai la sua cornice.
Una cornice ha quattro lati. Proviamo a rimanere su questa immagine e a individuare i 4 lati di questa cornice apostolica, cioè le coordinate con le quali EG riscrive la visione di vangelo, di missione, di Chiesa e in fin dei conti di Dio.
La gioia
Il primo lato della cornice, quello di sinistra da cui parte EG, è la gioia.
«La gioia del Vangelo riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù. Coloro che si lasciano salvare da Lui sono liberati dal peccato, dalla tristezza, dal vuoto interiore, dall’isolamento. Con Gesù Cristo sempre nasce e rinasce la gioia».
È bene notare che sia la cornice (EG) sia le due tele (Laudato si’ e AL) partono dalla gioia. Particolarmente chiara è AL:
«La gioia dell’amore che si vive nelle famiglie è anche il giubilo della Chiesa. […] “l’annuncio cristiano che riguarda la famiglia è davvero una buona notizia”». La missione ha come sorgente e motivazione la gioia di coloro che sono già stati raggiunti dalla grazia del vangelo. Non eravamo abituati a queste partenze. Di solito i documenti ecclesiali cominciano presentando la lista delle difficoltà, dei limiti di questa cultura, quel lungo elenco di “ismi” nel quale la Chiesa ha rischiato di chiudersi. A questa diagnosi segue la terapia, di cui la Chiesa dispone. EG e le sue tele non partono né da una diagnosi né subito da una proposta, ma da un riconoscimento, da un atto di gratitudine. Papa Francesco afferma che l’annuncio parte dalla gioia di avere ricevuto il dono del vangelo e della fede. Il punto di appoggio dell’evangelizzazione non sono le analisi sociologiche sulle condizioni culturali attuali, più o meno favorevoli al vangelo, ma la bellezza di quello che i credenti hanno ricevuto per grazia.
Il cammino della Parola non è quindi determinato dalla situazione dei terreni, come si vede dall’apparente sprovvedutezza del seminatore della parabola evangelica del seminatore (Mc 4, 3-9). Ogni cultura è adatta al vangelo, basta che la Chiesa che lo annuncia manifesti una vita pervasa dalla gioia, perché è questa la sorgente della sua testimonianza (“per attrazione e non per proselitismo”). Ci accorgiamo subito che è escluso un approccio che rilancerebbe la missione fondandola su un cambio di strategie pastorali. Il male sottile della Chiesa non sono la mancanza di strategie pastorali, dice il testo, ma l’intristimento per mancanza di fede della comunità cristiana.
La missione
Il secondo lato della cornice, quello di destra (quello cioè in faccia alla gioia, come sua eco), è la missione. Essa si riassume in una sigla che conosciamo bene: “la Chiesa in uscita”. Il n° 21 è esplicito: «La gioia del Vangelo che riempie la vita della comunità dei discepoli [cornice di sinistra] è una gioia missionaria [cornice di destra]».
EG chiarisce sia la finalità della missione, sia la condizione da mettere in atto. La finalità è che a tutti, proprio a tutti, giunga l’amore di Dio, la sua amicizia, la sua misericordia. La Chiesa, infatti esiste per questo e non deve mettere ostacoli all’amore di Dio. La Chiesa esiste per evangelizzare, diceva Evangelii nuntiandi di Paolo VI. La condizione indicata da EG è però inedita: viene richiesta la “conversione” missionaria non solo dell’impianto pastorale, ma di tutte le dimensioni della vita della Chiesa.
«Sogno una scelta missionaria capace di trasformare ogni cosa, perché le consuetudini, gli stili, gli orari, il linguaggio e ogni struttura ecclesiale diventino un canale adeguato per l’evangelizzazione del mondo attuale, più che per l’autopreservazione. La riforma delle strutture, che esige la conversione pastorale, si può intendere solo in questo senso: fare in modo che esse diventino tutte più missionarie, che la pastorale ordinaria in tutte le sue istanze sia più espansiva e aperta, che ponga gli agenti pastorali in costante atteggiamento di “uscita” e favorisca così la risposta positiva di tutti coloro ai quali Gesù offre la sua amicizia» (EG 27).
Il nesso tra missione e conversione è esplicito e va considerato il passo in avanti di Papa Francesco sia rispetto alla prospettiva pastorale del Vaticano II, sia rispetto a Evangelii nuntiandi di Paolo VI, che pure costituisce, come abbiamo visto, il riferimento diretto di EG. Questo nesso prende una parola che il sinodo sulla nuova evangelizzazione non aveva osato pronunciare: riforma. La finalità è la missione, la sua condizione è la riforma, personale ma anche delle istituzioni.
Il Sinodo aveva dato una risposta spirituale alla sfida dell’evangelizzazione: perché l’evangelizzazione sia nuova – ha detto il sinodo – occorre che diventino “nuovi” gli evangelizzatori. L’invito alla conversione dei soggetti ecclesiali è stato la parola d’ordine del sinodo, riassunta nell’appello alla santità (si veda il Messaggio al popolo di Dio, in particolare il numero 5). I motivi sono noti: la celebrazione del Sinodo del 2012 ha coinciso con una grave crisi interna alla Chiesa: pedofilia, lotte di potere in Vaticano, scandalo dello IOR (banca del Vaticano). Ma il Sinodo aveva fatto metà strada.
Papa Francesco va oltre e propone l’altra metà: la conversione personale chiede la conversione istituzionale, cioè la riforma delle strutture. Assume l’esigenza della conversione interiore e la completa chiedendo la riforma delle strutture. Il nesso rinnovamento–conversione–riforma risulta determinante perché la Chiesa sia “sacramento”, cioè segno e strumento della grazia del vangelo. Il rinnovamento dell’evangelizzazione (la necessità che sia veramente “nuova”) richiede la conversione dei singoli credenti (santità) e prende corpo come riforma della figura di Chiesa, affinché ogni sua espressione parli del Vangelo, in modo che le parole siano visibili nella forma di vita e il modo di vivere sia esplicitato nelle parole. Non è altro che la conseguenza per la Chiesa dello stesso stile di Dio: «eventi e parole intimamente connessi, in modo che le opere, compiute da Dio nella storia della salvezza, manifestano e rafforzano la dottrina e le realtà significate dalle parole, mentre le parole proclamano le opere e illustrano il mistero in esse contenuto» (Dei Verbum, 2). È questo un punto cruciale della concezione di missione proposta da EG.
La storia
Il terzo lato della cornice, quello che sta alla base, quello su cui poggia la missione, è la storia. La storia è il campo della missione della Chiesa e il luogo ove essa non solo opera, ma ascolta, discerne i segni del Verbo. Tutta EG è pervasa da questo radicamento nella storia, nella vita della gente, nelle sue sofferenze e nelle sue speranze. Papa Francesco riporta la fede in questo mondo, strappandola da una concezione privata, tipica del nostro approccio europeo. La radice è l’Assemblea dei Vescovi dell’America Latina di Aparecida (2007) e più indietro di Medellin (1968) e di Puebla (1977). «Non si tratta di fuggire la storia, e neppure di costruire un’altra storia parallela, ma di accogliere responsabilmente il tempo presente, facendoci carico di tutta la sofferenza che in esso si realizza». Il contatto con la storia contiene l’esigenza della scelta privilegiata per e con i poveri.
Tra i molti passaggi possiamo leggere il 269 e 270 di EG.
«Gesù stesso è il modello di questa scelta evangelizzatrice che ci introduce nel cuore del popolo. Affascinati da tale modello, vogliamo inserirci a fondo nella società, condividiamo la vita con tutti, ascoltiamo le loro preoccupazioni, collaboriamo materialmente e spiritualmente nelle loro necessità, ci rallegriamo con coloro che sono nella gioia, piangiamo con quelli che piangono e ci impegniamo nella costruzione di un mondo nuovo, gomito a gomito con gli altri. Ma non come un obbligo, non come un peso che ci esaurisce, ma come una scelta personale che ci riempie di gioia e ci conferisce identità (EG 269).
A volte sentiamo la tentazione di essere cristiani mantenendo una prudente distanza dalle piaghe del Signore. Ma Gesù vuole che tocchiamo la miseria umana, che tocchiamo la carne sofferente degli altri. Aspetta che rinunciamo a cercare quei ripari personali o comunitari che ci permettono di mantenerci a distanza dal nodo del dramma umano, affinché accettiamo veramente di entrare in contatto con l’esistenza concreta degli altri e conosciamo la forza della tenerezza. Quando lo facciamo, la vita ci si complica sempre meravigliosamente e viviamo l’intensa esperienza di essere popolo, l’esperienza di appartenere a un popolo (EG 270).
EG prende così le distanze da ogni forma di intellettualismo e di spiritualismo dalla fede, che sono due modi per ripararsi dalla vita. Una fede che fa i conti con la storia la toglie dalla sfera del privato e ne rivela immediatamente l’impatto sociale e politico.
Lo Spirito Santo
Il quarto lato della cornice è lo Spirito Santo. È l’ultimo capitolo di EG. Il testo è basato così su una bella inclusione: inizia con la gioia e termina ricordando che l’evangelizzazione è l’azione misteriosa dello Spirito e che l’annuncio da parte della comunità ecclesiale è un servizio di mediazione alla sua opera, una diaconia dello Spirito Santo. All’inizio sta la sorpresa gioiosa del dono, alla fine la gratuità di condividerlo sapendo che non è competenza nostra farlo accogliere, ma opera dello Spirito Santo. Al centro sta la conversione missionaria che manda la Chiesa fuori da sé (estroversa, non autoreferenziale, non impegnata a preservare se stessa).
La cornice di EG potrebbe essere rappresentata da un quadro molto noto di Van Gogh, il seminatore. La parabola del seminatore è stata dipinta moltissime volte dall’artista, il quale era figlio di un pastore protestante, e il testo di Mc 4,3-9 fu proprio il primo che egli dovette commentare in un sermone festivo, nella sua veste di aiuto predicatore. In uno di questi dipinti si vede il seminatore che con la mano sinistra tiene sul cuore il sacco del seme, custodisce la Parola. Con la destra con gesto solenne, liturgico, la dona alla terra. Ma c’è un particolare: egli non segue i solchi dell’aratura e sbanda verso la sua sinistra, ancora pochi passi ed è oltre la cornice di destra, esce dal quadro. Egli va a gettare il seme verso i bordi, nelle periferie.
Possiamo allora dire che EG è la cornice apostolica della Chiesa e il suo lato destro la porta ad uscire, a sbandare verso la storia, a esporsi. Meglio una Chiesa accidentata che una Chiesa riparata.